Il mutamento sociale
L'espressione mutamento sociale fu coniata dalla sociologia statunitense negli anni 1920-30, ma il fenomeno era già stato trattato in quasi tutti i testi di riferimento della disciplina. L'affermazione del termine costituiva a sua volta un riflesso delle trasformazioni sociali indotte dall'industrializzazione, rispecchiando anche la consapevolezza che il mutamento sociale era divenuto un elemento costitutivo delle società moderne.
Solo dagli anni 1960-70, quando la "Storia sociale" acquisì importanza a scapito della "Storia politica", incentrata su eventi e persone e fino allora predominante, la storiografia svizzera affrontò questioni di storia delle strutture. Tra i pochi studiosi che già in precedenza si erano confrontati con tali problematiche figurano Eduard Fueter e William Emmanuel Rappart, che si occuparono delle trasformazioni economiche e sociali, nonché Robert Grimm e Valentin Gitermann, che scelsero un approccio marxista. L'avvento della "Storia culturale" nel decennio 1980-90 diede ulteriori impulsi all'analisi dei mutamenti sociali; nello stesso tempo il concetto di mutamento fu interpretato in senso lato e in maniera meno restrittiva che in passato.
La perdita di significato delle norme sociali tradizionali e l'affermazione di nuovi valori e pratiche vengono rappresentate come un difficile processo di apprendimento, che porta a una coesistenza carica di tensioni tra vecchio e nuovo, in cui gli interessi contrastanti a volte si scontrano violentemente.
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